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IL 19 GENNAIO 1910 SI SPEGNEVA AD IMOLA ANDREA COSTA
GLI ESTIMATORI INTENDONO RICORDARLO
Di seguito alcuni articoli usciti sulla stampa locale
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Articolo apparso in gennaio 2010 sul settimanale imolese "sabato sera"
Andrea Costa giornalista
L'illustre imolese Andrea Costa, di cui cade il 19 gennaio la ricorrenza dei cento anni dal decesso, è figura complessa e ricca di risvolti: agitatore, dirigente e fondatore di movimenti politici, di associazioni e cooperative, poliglotta, dalla cultura forse frammentaria, ma sicuramente vasta.
Parecchi sono gli aspetti che varrebbe la pena approfondire: ci soffermiamo qui su quello del giornalismo, che Costa praticò lungo l'arco di tutta la vita.
Nato ad Imola nel 1851, da ragazzo fece studi con insegnanti privati, poi frequentò il ginnasio: in quegli anni giovanili è provata una sua assidua presenza nella biblioteca comunale, ove potè leggere autori della letteratura classica e del tempo, nazionali (tra gli altri Dante, Machiavelli, Muratori, Aleardi, Galilei, Alfieri, Foscolo, Leopardi, Balbo, Pellico), e non (Shakespeare, Molière, Rousseau, Schlegel, Goethe, Schiller), il teatro classico e spagnolo. Naturalmente non mancarono scritti di politici: Ferrari, Proudhon, Guillsaume. All'università di Bologna seguì le lezioni di Carducci e fu compagno di corso di Pascoli. Dall'epistolario si evince come abbia seguito tutta la vita anche la letteratura (ad esempio Verga ed i veristi, Hugo, Zola ed i naturalisti francesi, scrittori inglesi e spagnoli
) e l'opera lirica. Inoltre, è certo che parlasse correntemente il francese ed almeno comprendesse e leggesse tedesco e russo, per cui poteva affrontare la lettura di testi in lingua originale, sovente citati nelle lettere.
Insomma, l'orizzonte fu più vasto di quello strettamente politico, anche se, naturalmente, quest'ultimo fu predominante: conobbe gli scritti dei dirigenti del movimento operaio dell'epoca (anche di Marx aveva libri, forse in francese o tedesco) e con molti di loro era in corrispondenza.
Non ci stupisce se chi lo ascoltava ne notava la facilità di parola veramente sorprendente, così come noi possiamo apprezzare la scorrevolezza e la piacevolezza di molti scritti.
In realtà era capace di adattare il registro linguistico all'occorrenza, tenendo anche comizi infarciti di dialetto ai braccianti poveri delle campagne romagnole.
D'altra parte, proiettò Imola sulla scena internazionale, essendo in rapporto con i massimi dirigenti dell'epoca del movimento, che frequentava durante i periodi di esilio in Svizzera e Francia: quando nel 1889 a Parigi si tenne il grande congresso di fondazione della Seconda Internazionale, Costa fu accolto come intimo amico da tutti. Costa era poliglotta ed in francese parlava e scriveva correntemente, inviando anche articoli alla stampa transalpina.
E quello del Costa giornalista è proprio l'aspetto che qui ci interessa maggiormente (anche se parecchi altri se ne potrebbero esplorare con la lettura diretta dei suoi testi, a partire dal Carteggio conservato in biblioteca, che sarebbe oltremodo utile cercare di integrare con quanto scritto da Costa ai corrispondenti, sui giornali, e così via: ma questo è progetto di grande importanza e duro lavoro, che auspichiamo venga messo in campo).
Ad appena ventuno anni fu proiettato sulla scena nazionale ed internazionale: infatti, dal 1872 fu Segretario dell'organizzazione dei seguaci dell'Internazionale dei Lavoratori in Italia, che all'epoca seguivano le idee anarchiche del russo Bakunin. In conseguenza di tale incarico, iniziò a produrre una ricchissima corrispondenza con militanti e dirigenti di tutta Italia e dell'estero, attività che proseguì per tutta la vita, al punto che il suo carteggio conservato presso la Biblioteca Comunale di Imola contiene oltre cinquemila pezzi e si ha notizia di centinaia e centinaia di sue lettere ai corrispondenti conservate in archivi e biblioteche di tutta Italia (sarebbe sommamente interessante, proprio in occasione di questo centenario, avviare un'opera di recupero in copia di tali materiali che, lo sappiamo, sono anche oltremodo numerosi anche all'estero).
Gli vennero subito chiesti articoli per giornali un po' ovunque ed iniziò a scrivere.
Da allora per tutta la vita Costa dedicò un'attenzione particolare alla stampa ed ai giornali, scrivendo e, soprattutto, fondando ed ispirando fogli e periodici in quantità, nei quali si davano notizie di avvenimenti e si tenevano confronti e polemiche di carattere politico ed ideologico, nelle quali Andrea era maestro.
A partire dal 1872 scrisse sul Fascio Operaio di Bologna, su La Favilla di Mantova, L'Indipendente di Ancona, Il Romagnolo di Ravenna, La Plebe di Lodi, poi, fino alla fine, su decine di giornali ovunque.
Nel 1876 Il Martello di Fabriano si fuse con La Cronaca e si trasferì a Bologna, ove Costa ne prese la direzione: in quei numeri redatti dall'imolese scrissero più volte Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli.
Engels nel 1873 criticava gli anarchici e quanti di loro scrivevano, affermando che si trattava di giornalisti della piccola stampa di una reputazione più o meno equivoca, pur concedendo che ci si trovasse di fronte a uomini usi a servirsi della penna. Nel caso di Costa lo sottovalutava sicuramente: la stampa divenne una specie di idea fissa del nostro, se guardiamo anche solo al gran numero di pubblicazioni che fondò nella città natale.
Bene doveva conosce Il Cittadino, primo giornale della democrazia imolese uscito a cura di repubblicani e radicali nel 1877; dopo la svolta del 1879 con la quale superò le originarie posizioni anarchiche e si volse ad un socialismo riformista, ad Imola fondò una serie di testate in numero tale da non avere confronti con altre città delle medesime dimensioni, alcune delle quali destinate ad un futuro glorioso: L'Avanti, Il Moto, La Lotta, Il Momento, che divennero parte determinante della lotta politica cittadina, e non solo. Un elenco prestigioso, come si vede, ed è sicuramente anche grazie a tale tradizione che oggi Imola vede un numero di lettori di quotidiani e periodici superiore alla media.
Presenziò poi, insieme a Luigi Sassi e Romeo Galli, alla nascita della Cooperativa Tipografica Editrice Imolese.
Ancora, ispirò e produsse riviste dal taglio maggiormente teorico quali la Rivista Italiana del Socialismo e la Rivista Internazionale del Socialismo, nelle quali i toni crescevano e ci si confrontava con il dibattito teorico più generale; e poi, almanacchi, numeri unici, giornaletti, manifesti e volantini.
Oltre alla cronaca ed alla polemica politica quotidiana, Costa aveva a cuore la crescita di centri di cultura socialista e la stampa ne era parte essenziale, come ha acutamente notato Renato Zangheri nella sua fondamentale Storia del socialismo italiano.
Siamo di fronte ad una produzione impressionante per quantità e qualità!
Il taglio degli scritti era in genere nettamente giornalistico, gli articoli evidenziavano una prosa diretta ed efficace, capace di andare subito al sodo, al cuore del problema, di farsi comprendere da un pubblico ampio di lettori, senza tuttavia essere mai banali.
Il giornalismo, le corrispondenze a tanti fogli, erano anche un modo per ottenere magri ed incerti introiti, necessari alla sopravvivenza: ricordiamo che Costa fu sempre povero, anche da deputato, perché al tempo per tale carica non si riceveva compenso, per cui egli dipendeva sempre dall'aiuto di amici e compagni, dai quali veniva invitato a pranzo e cena, o gli procuravano ceste di viveri. Le stesse fonti di polizia lo ricordano quasi malvestito, spesso con abiti logori e vecchi, anche se puliti.
Mi piace riportare un aneddoto raccontatomi di recente da una persona che ricorda come suo nonno, macellaio in via XX Settembre, narrasse come Andrea, quando doveva recarsi a Roma, gli si presentasse con due panini regalatigli dal fornaio e lui gli consegnasse due etti di affettato al prezzo di uno: erano pranzo e cena per la trasferta romana, mentre per il dormire si arrangiava in treno, dove i ferrovieri, allora in gran parte anarchici e socialisti, lo riconoscevano, chiudevano un occhio e lo lasciavano in pace.
Costa si spense nell'ospedale di Imola il 19 gennaio 1910 e, come afferma Nazario Galassi nella poderosa biografia, non lasciò un soldo, perché nulla per sé si era tenuto.
Ben si comprende dove affondassero le radici dell'affetto da parte dei lavoratori di campagna e di città, della popolarità del nostro Andrea.
Marco Pelliconi
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Articolo apparso in dicembre 2009 sul periodico imolese "Università Aperta - Terza Pagina"
Andrea Costa ed Imola nostra
Il 19 gennaio del 1910, cento anni fa, Andrea Costa si spegneva nell'ospedale della sua città, Imola nostra, come era solito affettuosamente chiamarla.
Una folla immensa, come poche se ne erano potute vedere all'epoca, seguì il corteo funebre: ne esiste una commovente ed interessantissima testimonianza in un prezioso documentario conservato al CIDRA. Non solo tutta la città, ma anche la Romagna e l'Italia democratica e progressista, finanche gli avversari politici, resero omaggio ad un uomo che sentivano grande e popolare, e le carte conservate nell'archivio della biblioteca comunale di Imola lo testimoniano: elenco di 159 organizzazioni operaie presenti, più elenco di altre in delega, 124 pagine del registro delle firme in visita alla salma, 1.315 telegrammi di condoglianze, quasi 800 articoli su Costa apparsi in giornali italiani e stranieri nel corso dell'anno seguente il decesso! A parte Garibaldi, non saprei dire quale altro personaggio di fine Ottocento possa vantare una simile manifestazione di affetto popolare e riconoscimento politico ed istituzionale, da parte di amici ed avversari.
Nei fatti, si trattava di una delle personalità più importanti della sua città e dell'intero movimento dei lavoratori, espressione di un'epoca piena di fermenti e personalità, anche di idee differenti, che avevano proiettato Imola sullo scenario nazionale: Giuseppe Scarabelli scienziato e senatore, Giuseppe Mirri senatore e ministro, Giovanni Codronchi Argeli senatore e ministro, e poi i seguaci di Costa, Giuseppina Cattani, scienziata, Anselmo Marabini e Antonio Graziadei, politici e uomini di cultura ad altissimo livello
Imola è stata per alcuni decenni sulla scena nazionale, ma Costa la proiettò anche a livello internazionale, divenendo protagonista di vicende politiche e sociali che determinarono quell'ultimo scorcio di secolo caratterizzato da tensioni e forti elementi di novità.
La conquista del Comune da parte di una coalizione radicale, repubblicana, socialista, nell'ottobre del 1889, fu l'evento centrale: per la prima volta in Italia gli ex «malfattori» soppiantavano sui banchi del governo locale le vecchie consorterie moderate.
Quasi un ventennio di lotte, agitazioni, duro lavoro organizzativo, aveva preceduto la storica tappa. In Romagna erano numerosi i seguaci di Mazzini e Garibaldi, poi, dopo i fatti della Comune di Parigi, si sviluppò un movimento internazionalista anarchico che trovò punto di riferimento nell'opera intelligente ed indefessa di Andrea Costa, che, giovanissimo, nel 1872 era divenuto Segretario dell'organizzazione anarchica ed internazionalista italiana.
Costa era nato ad Imola il 29 novembre del 1851, in una casa di via Appia ove è ricordato da una targa; brillante studente, si iscrisse all'università di Bologna, allievo di Carducci e compagno di studi di Pascoli, ma ben presto si dedicò completamente alla politica. All'università si formò un gruppo internazionalista di studenti, affiancato da uno di sole donne, forse la prima organizzazione esclusivamente femminile del movimento per l'emancipazione della donna in Italia.
Per alcuni anni Costa seguì le idee dell'anarchico russo Bakunin, ma, dopo le delusioni dei fallimenti di moti insurrezionalisti, in particolare di quelli di Bologna del 1874 e di Benevento del 1877, fece la famosa svolta nel 1879, con il conseguente abbandono di ogni proposito eversivo e la scelta di operare con un socialismo riformista e legalitario; in realtà egli non rinnegò mai del tutto le idee giovanili e, non sempre ricambiato, cercò anche di mantenere un collegamento con i vecchi compagni: semplicemente, aveva deciso di utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per l'emancipazione del popolo. In questo risiede il suo riformismo e con questa scelta nel 1882 potè divenire il primo deputato socialista al parlamento italiano, eletto a Ravenna.
Costa aveva provato il carcere, esperienza che si sarebbe ripetuta più volte nel corso della sua vita, fino agli ultimi anni, e probabilmente lì era maturata la svolta.
In sede locale, cercò anche una stretta collaborazione con i repubblicani di Luigi Sassi, destinata a rivelarsi estremamente feconda per la città di Imola. La fondazione del nuovo foglio unitario «II Moto»; il rinnovamento e lo sviluppo della Società Operaia di Mutuo Soccorso; la fondazione dell'«Avanti» da parte di Costa e di Istruzione-Libertà-Benessere (nuova formazione mazziniana) da parte di Sassi; l'impegno per eleggere Costa al Parlamento; le lotte per il suffragio universale, contro le leggi speciali di pubblica sicurezza, per la democrazia politica e sociale e per la diffusione della cultura tra i lavoratori, furono tutte tappe di un complessivo percorso di crescita del movimento operaio e democratico imolese.
Il 1889 fu l'anno della prima vittoria della sinistra unita nelle elezioni amministrative ad Imola, che in tal modo divenne uno dei primi Comuni democratici e socialisti d'Italia: altre amministrazioni erano state conquistate dalle forze popolari, ma Imola ebbe una chiara impronta socialisteggiante grazie al carisma di Andrea Costa. Fin dalla Lettera agli amici di Romagna del 1879 aveva accennato ad una possibile federazione dei Comuni autonomi e nel 1881 aveva scritto Un Sogno, breve racconto utopico ove veniva tratteggiata Imola futura, governata dagli stessi cittadini senza l'intrusione dello Stato centrale, completamente rinnovata. Costa non solo teorizzava, ma cercava di praticare quel socialismo umanitario che operava per l'elevazione ed il riscatto morale e civile, non solo economico, dei lavoratori, che gli attirò l'affetto e la stima di tante persone.
Aveva fondato il Partito Socialista Rivoluzionario (prima Romagnolo, poi Italiano), che bene si radicò in regione, ma non ne uscì realmente dai confini. Per questa sua visione larga, non limitata alla lotta di classe, rimase un poco spiazzato dalla fondazione del Partito del Lavoratori nel 1892 sulla spinta dei socialisti milanesi, Filippo Turati ed Anna Kuliscioff: quest'ultima, dalla forte personalità, in gioventù era stata compagna di Andrea durante il periodo anarchico, ma i due si erano lasciati a metà degli anni Ottanta ed ella si era unita a Filippo.
Costa non aderì subito al nuovo partito, ma l'anno seguente vi portò i socialisti romagnoli ed emiliani, ottenendo delle modifiche al programma e che esso si chiamasse socialista. Poi continuò l'attività, in sede locale ed anche in Parlamento, dove fu esponente di spicco del gruppo socialista fino a divenire Vicepresidente della Camera.
Costa manteneva contatti in tutta Italia ed all'estero, con uomini e donne del movimento; aveva conosciuto i leaders europei e mondiali durante i soggiorni a Parigi ed in Svizzera nel periodo anarchico, poi era stato nel 1889 a Parigi alla fondazione della Seconda Internazionale (in quella occasione fu lanciata l'idea di utilizzare il 1° maggio quale giornata internazionale di protesta e di rivendicazione dei diritti operai) e aveva mantenuto i rapporti, così come faceva con i compagni fuoriusciti perché perseguitati o emigrati di tutte le tendenze (socialisti, democratici, anarchici).
Dedicò parecchie energie anche ad Imola, dove aiutò la fondazione di leghe e cooperative per le quali cercò di ottenere lavori e commesse; si dedicò anche alla vita comunale: voleva promuovere iniziative concrete, preoccupato soprattutto della disoccupazione e dei problemi materiali degli strati popolari. Era stato nominato assessore alla pubblica istruzione, poi Vicepresidente della Congregazione di Carità, poi il 13 febbraio 1891 assessore facente funzioni di Sindaco.
Per la prima volta si governava con la fiducia degli strati popolari: la gente saliva le scale del Comune senza il timore di dover mendicare qualche favore, forte dei propri diritti. E qualche risultato senza dubbio si ottenne: l'educazione fu uno dei settori privilegiati, si erogarono sussidi ai fanciulli poveri, furono pareggiati gli stipendi dei maestri di città e di campagna, fondate nuove scuole in campagna ed aumentate le classi in città, trasformati in sussidi i fondi con cui si premiavano gli alunni meritevoli; si tentò anche di inserire il lavoro manuale nelle scuole, insegnanti furono inviati a convegni e conferenze, si rafforzarono i corsi per adulti. Si intraprese un'opera di giustizia retributiva con aumenti agli impiegati comunali, ai medici del forese, alle ostetriche, ai cantonieri; furono eseguiti lavori pubblici tra i più urgenti ed altri vennero programmati. Si tentò anche di applicare in modo progressivo la tassa focatico ela tassa bestiame (il dazio non si poteva toccare); si intendeva così colpire gli allevatori e i proprietari terrieri. Non solo vi fu l'ostilità aperta delle categorie colpite, ma la Giunta Provinciale Amministrativa impedì le nuove tasse nonostante fossero ancora più basse che in altre città.
La prima amministrazione democratica-socialista fu sciolta in occasione del 1° maggio 1893 per avere la Giunta pubblicato un manifesto che invitava a celebrare la ricorrenza: un pretesto governativo che poneva termine alla prima di una lunga fila di amministrazioni locali popolari e democratiche, interrotta solo da una breve parentesi di fine `800 e dal fascismo.
Costa poi appoggiò i Fasci Siciliani e lottò contro la repressione di fine secolo, poi nel 1902 ottenne che il congresso nazionale del Partito Socialista si tenesse ad Imola, e fu un evento: la città ospitò delegazioni provenienti da ogni dove e mostrò una capacità di accoglienza e mobilitazione invidiabili.
Costa morì povero, lasciando solo libri e scritti e salutato dalle bandiere della sua gente e da quella della massoneria alla quale era affiliato: nulla aveva voluto per sé, tutto aveva dato alla causa dell'emancipazione dei lavoratori, al progresso ed alla sua Imola, pervaso da quell'incendio d'amore per l'umanità che Giovanni Pascoli ricorda nel testo a correddo dell'urna funeraria nella quale parte delle ceneri di Costa (le altre sono nella loggia massonica bolognese a lui intitolata, che si chiama appunto Loggia Andrea Costa) riposano nel famedio del cimitero di Imola.
Marco Pelliconi
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Articolo apparso in novembre 2009 sul settimanale imolese "sabato sera"
A 120 anni dalle elezioni del 1889
Il primo gopverno popolare della città di Imola: socialista, repubblicano, democratico
Nel breve volgere di pochi anni Imola a fine `800 si proiettò sulla scena internazionale, divenendo protagonista di vicende politiche e sociali che determinarono quell'ultimo scorcio di secolo caratterizzato da tensioni e forti elementi di novità.
La conquista del Comune da parte di una coalizione radicale, repubblicana, socialista, nell'ottobre del 1889, fu l'evento centrale: per la prima volta in Italia gli ex «malfattori» soppiantavano sui banchi del governo locale le vecchie consorterie moderate.
Quasi un ventennio di lotte, agitazioni, duro lavoro organizzativo aveva preceduto la storica tappa. In Romagna erano numerosi i seguaci di Mazzini e Garibaldi, poi, dopo i fatti della Comune di Parigi, si sviluppò un movimento internazionalista anarchico che trovò sicuro punto di riferimento nell'opera intelligente ed indefessa dell'imolese Andrea Costa.
Seguì la «svolta» di Costa del 1879 ed il conseguente abbandono di ogni proposito eversivo con la tendenza verso un socialismo riformista e legalitario, il che favorì una ancora maggiore collaborazione con i repubblicani imolesi di Luigi Sassi. Iniziò tra i due quella collaborazione destinata a rivelarsi estremamente feconda per la città di Imola. La fondazione del nuovo foglio unitario «II Moto»; il rinnovamento e lo sviluppo della Società Operaia di Mutuo Soccorso; la fondazione dell'«Avanti» da parte di Costa e di Istruzione-Libertà-Benessere (nuova formazione mazziniana) da parte di Sassi; l'impegno per eleggere Costa, primo socialista in Italia, deputato al Parlamento; le lotte unitarie per il suffragio universale, contro le leggi speciali di pubblica sicurezza, per la democrazia politica e sociale e la diffusione della cultura tra i lavoratori, furono tutte tappe di un complessivo percorso di crescita del movimento operaio e democratico imolese.
Nel 1889 giunse a piena maturazione un processo iniziato diversi anni prima con lo sfaldarsi del rigido astensionismo repubblicano ed anarchico e con la prima elezione di Costa al parlamento. Fu l'anno della prima vittoria della sinistra unita nelle elezioni amministrative ad Imola, che in tal modo divenne uno dei primi Comuni democratici e socialisti d'Italia.
Altre amministrazioni erano state conquistate dalle forze popolari, ma Imola ebbe una chiara impronta socialisteggiante grazie al carisma di Andrea Costa.
Il primo febbraio 1889 era stata promulgata una nuova legge elettorale comunale ottenuta grazie anche alle pressioni esercitate dalle lotte degli ultimi anni, che di fatto ampliò grandemente le prospettive disuccesso delle forze progressiste: l'elettorato amministrativo era stato aumentato rispetto a quello politico, anche se erano stati estesi i controlli. Le istituzioni comunali godevano tra l'altro di una considerazione particolare, diversa dalle altre articolazioni dello Stato; erano con-siderate più vicine al popolo ed ai suoi bisogni, più facilmente piegabili ad un uso diverso da quello tradizionale.
Tra le forze del socialismo riformista, addirittura fin dalla fine degli anni Settanta si era inizato a pensare concretamente al Comune come ente da conquistare, trasformare, «utilizzare». Fin dalla «Lettera agli amici di Romagna» del 1879 Costa aveva accennato ad una possibile «federazione dei Comuni autonomi» e nel 1881 aveva scritto «Un Sogno», breve racconto utopico ove veniva tratteggiata Imola futura, governata dagli stessi cittadini senza l'intrusione dello Stato centrale, completamente rinnovata; sempre in quell'anno il tema del Comune entrò con forza nel programma del Partito Socialista Rivoluzionario di Costa.
Inoltre, in Romagna eccezionalmente si ebbero reali convergenze programmatiche tra le diverse forze democratiche e ad lmola si ebbero i risultati più significativi. Luigi Sassi fu il principale protagonista della campagna elettorale promossa da una lista largamente unitaria, sostenuta dal Comitato Elettorale Democratico e composta da repubblicani, radicali, socialisti e persino da alcuni anarchici.
Il programma elaborato dalla coalizione democratica tentava di cogliere le esigenze presenti nella realtà locale, esprimendo in definitiva una rilettura delle principali contraddizioni e dei problemi aperti nella città; la campagna elettorale e l'adesione piena dei lavoratori in un certo senso sconcertò i moderati, che rimasero quasi assenti dalla scena.
Le elezioni del 27 ottobre 1889 salutarono così la vittoria della lista progressista (avevano partecipato 2122 elettori su 3419 iscritti, in una percentuale del 62% molto alta per quei tempi).
Fu naturalmente una vittoria dall'evidente significato storico non solo per Imola, ma anche per tutto il movimento operaio e democratico italiano.
Aveva un evidente valore emblematico paragonabile alla prima elezione diAndrea Costa in Parlamento: dimostrava la possibilità concreta di soppiantare i conservatori alla guida degli enti locali. E così il nome della città di Imola divenne simbolo della lotta popolare a livello nazionale, si dimostrava concretamente che con il voto e con una larga unità delle forze democratiche si poteva sconfiggere il fronte moderato e della destra, che allora era egemone in Italia.
Imola divenne simbolo di tale impegno.
Nel nuovo consiglio rimasero alcuni esponenti moderati di spicco, mentre nel gruppo dei vincitori ai vecchi combattenti di tante battaglie si aggiungevano alcuni giovani, tra i quali Anselmo Marabini, che si affacciava così alla vita politica cittadina.
Nella prima seduta del nuovo Consiglio, il 4 novembre 1889, Luigi Sassi fu eletto Sindaco. Tale scelta premiava la credibilità conquistata entro le forze popolari ed anche oltre, il consenso raccolto
tra tutti i cittadini imolesi, la sicurezza ed affidabilità che esprimeva come leader.
Anche se onorato di tale responsabilità, nel corso della prima seduta Sassi manifestò dubbi, riguardanti in particolare la necessità di sottostare al giuramento. Egli rappresentava in realtà il punto di equilibrio di un gruppo eterogeneo all'interno del quale la democrazia radicale aveva peso notevole: valido supporto gli fu comunque il continuo interscambio di vedute con Costa.
Purtroppo era stato più facile conquistare la vittoria, frutto di un impegno unitario che aveva radici lontane, che rinnovare poi l'amministrazione e mantenere le promesse elettorali.
Nel resto della Romagna non ovunque le cose erano filate così liscie come ad Imola: i moderati avevano tentato un'opera di divisione che aveva trovato fertile terreno nei settarismi e nelle incertezze presenti in molte località all'interno di repubblicani, socialisti, socialisti-anarchici. In definitiva i socialisti, in molte realtà divisi alloro interno, non furono capaci, tranne ad Imola, di essere veramente forza egemone e trainante. E, non avendo esperienza, mancavano inoltre amministratori capaci.
Problemi vi furono anche ad Imola. Alcune frizioni emersero subito, anche se l'asse tra Luigi Sassi ed il socialista Angelo Negri potè garantire una sostanziale coesione nei momenti difficili. Se la eterogeneità della lista aveva contribuito a portare molti voti, questo fatto minava la capacità di compiere scelte unitarie su temi decisivi. Fin dalla prima seduta il consigliere comunale anarchico Castellari affermò che i colleghi non sarebbero riusciti a mantenere le promesse elettorali, giudicò inutile la sua presenza entro le istituzioni, per cui si dimise e lasciò l'aula, affermando che il suo posto era «tra il popolo». Gli anarchici, spaventati per l'insperato successo, tennero un atteggiamento ipercritico verso l'amministrazione.
Lo stesso Sassi, appena un mese dopo essere stato eletto, rinunciò alla carica di Sindaco non volendosi sottoporre all'istituto di giuramento, giudicato incoerente con le idee repubblicane che aveva espresso già nel corso della prima seduta del Consiglio; in seguito si mantenne comunque presente ed attivo sia nelle vesti di consigliere comunale, che di assessore, esponendosi spesso a tirare le fila di molte discussioni e decisioni importanti. In sua vece nella seduta del 6 dicembre fu eletto Ugo Tamburini, democratico-radicale. Sassi divenne poi assessore al posto di Tamburini, membro della Commissione per la revisione delle liste elettorali e Presidente del Consiglio di amministrazione del Monte dei Pietà e Frumentario.
La nuova amministrazione purtroppo pagò un prezzo all'inesperienza. La tanto auspicata autonomia del Comune si rivelò ben poca cosa di fronte alla rigidità delle leggi. Il bilancio comunale era già stato definito per un anno dai moderati in precedenza, per cui vincolò la nuova Giunta, nonostante i rilievi da questa subito sollevati (mancanza di un fondo per gli operai disoccupati in inverno, differenze di stipendio tra i maestri di città e di campagna, troppi fondi per la pubblica sicurezza) e nonostante si tentasse subito di promuovere alcune opere come fogne e risanamento di alcuni locali, e di fornire sussidi ai poveri. Si era lontani dalla realtà di un autonomo spazio di intervento non soggetto al controllo dello Stato. Anzi, il governo centrale tentò di condizionare al massimo la nuova amministrazione attraverso i controlli della Giunta Provinciale Amministrativa.
Il valore simbolico dell'operato di una amministrazione democratico-socialista del resto era troppo elevato perchè la reazione non tentasse di usare tutti i mezzi per intralciarne l'attività. Ad esempio, ben poco di quello che veniva riscosso attraverso le tasse, come il dazio e consumo, rimaneva ad Imola; la maggior parte andava versata allo Stato, che addirittura chiese un aumento della percentuale per il quinquennio 1891-95! L'Amministrazione comunale dovette subire l'imposizione per non perdere l'appalto della riscossione.
Andrea Costa dedicò parecchie energie alla vita comunale, preoccupato dell'esito di questa esperienza per la quale lavorava da anni e consapevole del valore simbolico che aveva anche oltre le mura cittadine. Voleva promuovere iniziative concrete, preoccupato soprattutto della disoccupazione ed in generale dei problemi materiali degli strati popolari che forse avrebbero riposto troppo aspettative nella nuova gestione. Varie traversie ne resero tuttavia discontinuo l'impegno; Andrea Costa era stato subito nominato assessore alla pubblica istruzione, poi Vicepresidente della Congregazione di Carità, poi il 13 febbraio 1891 assessore facente funzioni di Sindaco: seguirono in quest'ultima carica Ugo Mazzoni e Luigi Sassi, che rinunciarono, ed infine Cesare Mirri, che dal settembre 1891 rimase Sindaco sino alla conclusione del mandato amministrativo.
Nonostante gli ostacoli, questa prima esperienza amministrativa democratica e socialista fu comunque di fondamentale importanza non solo per Imola, ma anche a livello più generale. Per la prima volta si governava con la fiducia degli strati popolari: la gente saliva le scale del Comune senza il timore di dover mendicare qualche favore, forte dei propri diritti. E qualche risultato senza dubbio si ottenne: l'educazione, considerata fattore di progresso, fu uno dei settori privilegiati. Si erogarono sussidi ai fanciulli poveri, furono pareggiati gli stipendi dei maestri di città e di campagna, fondate nuove scuole in campagna ed aumentate le classi in città, trasformati in sussidi i fondi con cui si premiavano gli alunni meritevoli; si tentò anche di inserire il lavoro manuale nelle scuole, insegnanti furono inviati a convegni e conferenze, si rafforzarono i corsi per adulti.
Accanto a questo, si intraprese un'opera di giustizia retributiva con aumenti anche agli impiegati comunali, ai medici del forese, alle ostetriche, ai cantonieri; furono eseguiti alcuni lavori pubblici tra i più urgenti ed altri vennero programmati (in particolare la sistemazione di strade nel forese anche a fine di far lavorare i braccianti). Si tentò anche di applicare in modo più equo e progressivo la tassa focatico ela tassa bestiame (il dazio non si poteva toccare); si intendeva così colpire gli allevatori e i proprietari terrieri. Non solo vi fu l'ostilità aperta delle categorie colpite, ma la Giunta Provinciale Amministrativa impedì le nuove tasse nonostante fossero ancora più basse che in altre città.
La prima amministrazione democratica-socialista fu sciolta in occasione del 1° maggio 1893 per avere la Giunta pubblicato un manifesto che invitava a celebrare la ricorrenza: evidentemente un pretesto governativo per portare a fondo l'attacco verso le forze popolari sollecitato dai conservatori locali. Era comunque ormai troppo tardi. Pur tra contraddizioni, divisioni, difficoltà, i partiti democratici si erano saldamente radicati tra i cittadini, avendo dimostrato una vitalità ed un dinamismo sconosciuti ai conservatori. Tra l'altro, avevano tentato di non rinchiudersi nella pura amministrazione, e di continuare a promuovere iniziative politiche e sociali di largo respiro.
Importante momento di mobilitazione fu appunto la celebrazionedel 1° maggio.
Nell'estate del 1889 Costa aveva partecipato a Parigi al congresso di fondazione della Seconda Internazionale. In quella occasione fu lanciata l'idea di utilizzare il 1° maggio quale giornata internazionale di protesta e di rivendicazione dei diritti operai. La Romagna subito raccolse l'appello: nel 1890 Imola sembrava in stato d'assedio; ciononostante vi furono scioperi in città, a Bubano, Dozza, Castel S. Pietro, Casola, Sesto Imolese, Sasso Morelli. Nel 1891 si tenne un comizio al salone Paterlini, presieduto da Sassi. L'anno seguente, nonostante non si fossero tenute manifestazioni, furono eseguiti 10 arresti e ricercati 10 latitanti. Il 1° maggio 1893 infine in un comizio presieduto da Sassi presero la parola il torinese Nigra, Paolo Amaldi, Andrea Costa e Cesare Mirri. La repressione volle colpire duramente l'atto ufficiale della Giunta che chiamava i cittadini a festeggiare il 1° maggio di quell'anno: il Consiglio fu sciolto ed il Comune retto dal Commissario di governo dal 20 maggio al 16 novembre del medesimo anno.
Aveva in tal modo termine la prima di quella che sarebbe stata una lunga fila di amministrazioni locali popolari e democratiche, interrotta solo da una breve parentesi di fine `800 e dal fascismo.
Marco Pelliconi
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